Alla scoperta dei mulini – seconda puntata: il mulino Decimo

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Bentornati cari lettori! Dopo questa lunga attesa vi proponiamo un articolo che parla di uno dei numerosi mulini della valle della Sonna. Si tratta del mulino di Valbonaga, nel territorio di Cisano, noto anche come mulino Decimo o “Mulino dell’Uregì”.

Se vi siete persi la prima puntata degli articoli della serie “Alla scoperta dei mulini”, la potete leggere cliccando qui.

Il signor Giovanni Decimo – il mugnaio

Prima di concentrarci sul mulino parleremo dell’ultimo mugnaio che l’ha condotto, il signor Giovanni Decimo, noto anche con il soprannome di “Uregì”. È proprio grazie alla signora Mariangela Decimo, nipote di quest’uomo, che siamo venuti a conoscenza delle informazioni che riporteremo di seguito.

La signora Decimo ci ha contattati tramite la nostra pagina di Facebook e, con grandissima disponibilità, ci ha accompagnati sul posto in cui un tempo sorgeva il mulino di suo nonno, descrivendolo sulla base dei ricordi di quand’era bambina.

Il soprannome “Uregì”

Come ci ha raccontato la signora Mariangela, il nonno veniva soprannominato Uregì poiché, a causa dell’esplosione della polveriera (probabilmente quella del 1940, della quale parliamo in questo articolo), aveva riportato lesioni ai padiglioni auricolari, i quali si erano accartocciati. Questo fatto sottolinea la violenza di tale scoppio, dato che il mulino in questione non era così vicino al complesso del polverificio: l’onda d’urto ha provocato danni a cose, ma soprattutto a persone!

Il Signor Giovanni Decimo

La signora Decimo ci racconta di quando da piccola raggiungeva il mulino del nonno, accompagnata dal padre lungo un sentiero che da Caprino scendeva nei pressi del mulino stesso, sull’altra riva. Questo sentiero era molto irto e oggi è sepolto sotto le piante che vi sono cresciute. Ne parleremo tra poco, quando vedremo dove si trova il posto ove sorgeva l’edificio.

Giovanni Decimo macinava il grano presso il mulino che aveva in gestione, ma come molti uomini d’un tempo, oltre ad essere mugnaio era anche un tuttofare. Grazie al suo mulo trasportava i pesi, il grano e tutto ciò che era necessario per le sue attività. Sua nipote lo ricorda sempre con il cappello, forse indossato per nascondere i danni alla pelle provocati dall’esplosione sopracitata.

Il signor Giovanni Decimo.

“Guardando il livello dell’acqua riusciva a capire che tempo ci sarebbe stato il giorno dopo”, così ci ha detto Mariangela. Il signor Decimo conosceva bene la Sonna e la raggiungeva tramite un sentiero che partiva dall’attuale Via Ferretti di Caprino, volgeva in direzione nord e scendeva sulla riva opposta rispetto a quella in cui si trovava il mulino. Giunti nel fondovalle era necessario guadare il torrente e in caso di piena si doveva effettuare un giro più lungo, per poter arrivare direttamente sulla sponda giusta.

Il mulino non era di proprietà dei Decimo, ma era affidato in gestione e venne abbandonato probabilmente attorno agli anni ’50 del Novecento, forse a causa degli incidenti e delle esplosioni della polveriera. L’ultima che riusciamo a datare è avvenuta nel 1940 e sappiamo con sicurezza che il mulino è rimasto attivo per qualche anno in seguito a tale evento. Se qualche lettore conosce altri dettagli non esiti a farcelo sapere, ci piacerebbe molto approfondire la questione ulteriormente.

Ecco altre fotografie del signor Giovanni e della moglie Angela Bonacina.

Il mulino oggi

Questo bellissimo mulino, ahimè, oggi non esiste più e i suoi resti sono in stato di abbandono, ricoperti dalla vegetazione. All’inizio della primavera abbiamo compiuto un’ esplorazione piuttosto dettagliata della zona compresa tra il ponticello di Caprino e il ponte del sentiero di Papa Giovanni a San Gregorio. In questa occasione abbiamo scattato diverse foto alle macerie e ai resti dei mulini, approfittando del fatto che la vegetazione era ridotta.

Oggi le foglie si sono sviluppate, pertanto, recandosi sul luogo, ci si troverà davanti ad un muro di rovi.

La seconda fotografia che vi mostriamo è stata scattata quasi per caso il 7 maggio del 2016. Nonostante sia stata fatta quando le vegetazione aveva già ripreso a prosperare, si poteva ben intravedere parte della struttura dell’edificio.

Resti del mulino visti dal lato a valle nel maggio del 2016.

Dove si trova

Per raggiungere i ruderi del mulino senza bagnarsi è sufficiente scendere dal sentiero che dalla piazza di Valbonaga di Sotto conduce alla Sonna. In alternativa è possibile risalire il torrente a partire dal ponticello tra Caprino e Valbonaga, ma in questo caso si rischia di bagnarsi i piedi.

Attenzione! Raggiungere i luoghi che descriviamo può essere pericoloso, sconsigliamo di esplorare la vallata da soli e quando il suolo è bagnato o minaccia di piovere. Non ci assumiamo responsabilità derivanti da eventuali comportamenti imprudenti.

Il mulino un tempo

Bello vero? A noi è piaciuto moltissimo non appena la signora Mariangela ci ha mostrato la fotografia in bianco e nero! Purtroppo le foto con il tempo si consumano ma la tecnologia ci ha consentito di restaurarla e migliorare la resa dei livelli di grigio. Qui sotto possiamo vedere un confronto tra la foto originale e quella restaurata.

La foto originale sulla sinistra e quella restaurata sulla destra

Non sappiamo bene quando la fotografia sia stata scattata, tuttavia, a giudicare dall’aspetto e da quanto detto precedentemente pensiamo possa avere almeno 70 anni. All’epoca le pellicole a colori non esistevano (anche se la prima venne realizzata nel 1936 trovarono diffusione solo molti anni più tardi).

Vediamolo a colori!

Ma noi volevamo vedere il mulino a colori! Come? La macchina del tempo non esiste, però con l’aiuto dell’intelligenza artificiale (Deep Learning per gli appassionati) abbiamo ricolorato la fotografia. I colori non sono esatti, ma verosimili. Pensiamo che il risultato sia ottimo, giudicate voi stessi…

Ma la ruota?

Guardando la fotografia non si vede la ruota usata per macinare il grano, probabilmente era posta sul retro. Ad oggi, osservando tra le macerie e i rovi, non si riesce a vedere alcuna traccia della ruota, né della macina, ma… il destino riesce sempre a sorprendere…

Era ormai da tempo che volevamo scrivere questo articolo, dal momento in cui abbiamo effettuato il sopralluogo con la signora Decimo e il marito, il signor Secomandi. Tuttavia, tra i mille impegni, gli esami dell’università e le ricerche, abbiamo rimandato sino ad oggi. Proprio qualche giorno fa siamo usciti nuovamente lungo la Sonna, nei pressi dei ruderi. Camminando nell’acqua abbiamo notato un sasso con incisa una “N”. Ci siamo poi resi conto che quella “N” potrebbe essere il numero quattro in romano “IV”.

“N” o “IV”? Probabilmente IV, ma non ne siamo certi al 100%.

Per qualche minuto ci siamo chiesti chi potesse aver inciso un sasso in quel modo, con uno scalpello. E poi l’intuizione: e se quello che apparentemente sembrava un masso fosse stato invece la macina in pietra del mulino? Ci siamo messi a spostare i sassi che ricoprivano la pietra.

La Macina

Dopo pochi minuti abbiamo realizzato che il masso era di forma rotonda e al centro presentava un buco. È senza dubbio la macina del mulino, rotolata nel torrente e ricoperta dai sassi.

Altri ritrovamenti

Scoprire la macina ci ha fatto sentire degli archeologi e, presi dall’entusiasmo, abbiamo cercato ancora. Abbiamo trovato tra le macerie, in bella vista, dei barattoli in vetro parzialmente intatti.

Uno dei barattoli presenta la scritta “Farmaco Merano” un marchio di prodotti farmaceutici degli anni ’30 del Novecento. L’altro barattolo invece, riporta solo “Panten” (e non Pantente come la marca di shampoo) sul fondo e probabilmente si tratta del contenitore di un’acqua di colonia o di un profumo.

Pensiamo che questi oggetti fossero contenuti all’interno del mulino e siano stati sepolti in seguito al crollo della struttura.

Ringraziamenti

Ringraziamo molto la signora Mariangela Decimo per averci concesso la possibilità di ottenere una copia digitale delle fotografie che sono state inserite in questo articolo e per averci condotto fisicamente sul luogo in cui sorgeva il mulino di suo nonno, raccontandoci quanto si ricordava. Ringraziamo molto anche il marito, il signor Secomandi, per averci accompagnati. Senza il loro aiuto non avremmo potuto approfondire così a fondo la storia del mulino Decimo.


Fonti:

  • Testimonianza diretta della signora Mariangela Decimo, nipote di Giovanni Decimo e del signor Secomandi, suo marito;
  • Software usato per colorare la foto del mulino: https://github.com/jantic/DeOldify .