Rispolveriamo la polveriera – parte 2

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Nella puntata precedente…

Cari lettori, nell’articolo di oggi proseguiremo la narrazione delle vicende che hanno coinvolto la polveriera di Caprino/Valbonaga. Se vi siete persi la prima parte potete leggerla cliccando qui.

Nell’articolo del 26 maggio, abbiamo parlato dell’esplosione del 13 novembre del 1940, nella quale morirono tragicamente Beretta Giuseppe, proprietario della fabbrica, e due giovanissimi che erano al lavoro al momento dell’incidente. Dopo aver compiuto ricerche approfondite abbiamo trovato nuovo materiale che vogliamo condividere con voi.

La miniera bresciana

La foto che si vede in copertina, che riportiamo anche qui di seguito, è l’intestazione di un telegramma inviato dalla ditta di Giovanni Battista Beretta, “già ditta Francesco Beretta & Figli”, dall’ufficio postale di Caprino Bergamasco a quello di Lavone, frazione dell’attuale comune di Pezzaze, in provincia di Brescia.

La ditta inviò questo telegramma alla miniera Marzoli, in risposta ad un sollecito inviato dalla stessa il 23 aprile. Tale miniera, aperta nel 1886, operava nell’alta Val Trompia e rappresentava un’importante fonte di ferro.

Pezzaze, 23/4/1940 XVIII

pett. Ditta G.B.BERETTA

CAPRINO BERGAMASCO

Sollecitiamo per urgente necessità la spedizione dei vari tipi di miccia ordinatiVi, corrispondenti a Vs. accettazione d’ordine N.4976.

Restando in attesa, distintamente.

FRATELLI MARZOLI & O.

Sicuramente il materiale esplosivo prodotto dalla polveriera veniva usato per l’attività mineraria. Di seguito la risposta fornita dalla ditta Beretta:

Caprino Berg.26 Aprile 1940=XVIII

Siamo in possesso della preg. Vs. del 23 and. e Vi assicuriamo che la merce da Voi commessa con Vs. ordine del 4/4 sarà spedita nei primi della settimana entrante.

Trattandosi di qualità speciali la lavorazione ha implicato ritardo non avendo di detti tipi nel frattempo disponibilità di magazzeno.

Gradite distinti saluti.

Ditta Giov. Batt. Beretta

I telegrammi sono stati scritti proprio nel 1940, anno in cui avvenne l’esplosione di cui abbiamo parlato nello scorso articolo. Probabilmente quell’anno l’attività del polverificio fu particolarmente intensa e forse ciò contribuì al verificarsi dell’incidente.

La polveriera Beretta e la fabbrica d’armi Beretta

Ciò che attualmente non ci è chiaro è il legame tra la famiglia dei Beretta, che possedeva e conduceva la polveriera, e i Beretta della nota fabbrica d’armi “Beretta”. Entrambe avevano a che fare con materiale esplosivo.

Inoltre, altro fatto curioso, gran parte del ferro estratto dalla miniera di Pezzaze veniva utilizzato proprio dalla fabbrica d’armi, secondo quanto riportato da questa pagina di Wikipedia, che parla della miniera. Si tratta solo di coincidenze?

Parliamo di due famiglie Beretta indipendenti, oppure connesse da un rapporto di parentela? Un legame tra i Beretta di Caprino e i costruttori d’armi aiuterebbe anche a spiegare come mai un piccolo polverificio a Caprino Bergamasco avesse rapporti commerciali con una miniera in Val Trompia, relativamente lontana da raggiungere considerando il periodo storico.

Attualmente a queste domande non abbiamo risposte certe. Come spesso accade chiediamo aiuto a voi lettori, magari sapete darci qualche indicazione in merito.

Il polverificio Biganzoli di Cisano Bergamasco

Le informazioni che abbiamo sulla polveriera non si limitano all’esplosione del 1940 e al carteggio con la miniera Marzoli. Siamo riusciti a scoprire altro: documenti molto interessanti che ripercorrono le dinamiche di altri incidenti.

Abbiamo trovato dei riferimenti alla stessa fabbrica, indicata questa volta come “Polverificio di Felice Biganzoli” di Cisano Bergamasco. In effetti la polveriera sorgeva, e i ruderi si trovano tutt’ora, nella zona di confine tra Caprino e Cisano (poco sopra la frazione di Valbonaga).

Il “polverificio Biganzoli” è menzionato nella notizia di un’esplosione. Anche in questo caso, come per l’incidente del 1940, il trafiletto compare sull’edizione di un giornale cattolico, per la precisione il settimanale del Friuli “Il Piccolo Crociato” del 7 giugno 1903. Non capiamo bene come mai la notizia sia riportata da un periodico di Udine, ma ci è stata molto utile per risalire alla data certa dell’evento.

Cosa lega il Biganzoli con i Beretta? Quando e perché la polveriera cambiò gestione, passando ai Beretta? Purtroppo non lo sappiamo.

3 giugno 1903 – esplode il polverificio Biganzoli

Il trafiletto è sintetico, ma l’Eco di Bergamo dedicò ampio spazio alla vicenda, fornendo diversi dettagli e accennando ad ulteriori esplosioni passate. Riportiamo di seguito le pellicole fotografiche conservate alla biblioteca Angelo Mai di Bergamo Alta, che raccontano questi fatti, e trascriviamo il testo per renderlo più leggibile.

La prima notizia fu pubblicata il 3 giugno, mentre la seconda il giorno seguente.

Lo scoppio del polverificio di Caprino

Due operai lanciati

a più di 100 metri di distanza

Questa mattina, rapida come il baleno, si diffuse nella nostra città la tristissima notizia dello scoppio avvenuto alla polveriera del Sig. Felice Biganzoli, il quale teneva la fabbricazione appunto delle polveri piriche ed il polverificio in Comune di Cisano e più precisamente giù sul fondo della Valle Söna.

Le prime notizie al nostro giornale arrivarono per mezzo della seguente cartolina, speditaci da un nostro cortese corrispondente di lassù:

Caprino, 3 Giugno 1903.

<< Spett. Direzione,

Erano di poco suonate le dieci di stamane, quando si udì una forte detonazione. La Polveriera… la polveriera… fu la parola che tutti si scambiarono e corse sul labbro di ognuno, nella trepidazione nell’ansia di sentire qualche cosa degli operai addetti al lavoro. Dopo pochi minuti, si sparse la notizia, che due erano le vittime, orribilmente deformi, il nipote del proprietario sig. Biganzoli ed un altro operaio. È saltato un casello. A domani, migliori informazioni. >>

Intanto, però, il giornale non poteva restare senza maggiori notizie; e fu nostra cura di mandare sollecitamente sul posto un nostro reporter.

Questi, di ritorno in redazione verso le ore 16 1|2, ci riferisce i seguenti particolari.

<< Il polverificio sorge in fondo alla valle S. Martino ove scorre il torrente Sonna, proprio a nord del paese di Caprino, dal quale dista appena un chilometro.

Dal ciglio della valle, una stradella tortuosa conduce in fondo alla medesima e dopo passato un ponticello mobile, messo attraverso la Sonna, si accede ai tre caselli di cui si componeva lo stabilimento. I caselli erano ad un sol piano, distanti l’uno dall’altro, come di prescrizione, parecchie decine di metri.

Erano adibiti, il primo alla lavorazione della materia prima: salnitro, carbone e zolfo; il secondo alla granitura della polvere; il terzo all’operazione di finimento e di deposito.

E qui appunto avvenne lo scoppio, questa mattina alle ore 10 1|2.

In questo casello si contenevano oltre dieci quintali di polvere. Questa mattina, il sig. Biganzoli era disceso alla polveriera dal suo villino, verso le ore 7 1|2, e avendovi trovato tutto in ordine risalì di sopra alla villa, distante dalla polveriera circa un chilometro e mezzo, su quel di Cisano.

Verso le 9 1|2 l’Ing. Testoni, incaricato dalla R. Intendenza di Bergamo, discese, a sua volta alla polveriera, accompagnandosi con gli operai, che poi rimasero vittima dello scoppio: non possiamo dirne i nomi, perché non ci fu possibile averli dal sig. Biganzoli: solo possiamo dire, però, che una delle vittime è il nipote del Biganzoli stesso, di Milano e l’altro è un operaio proveniente da Monza.

Giunti alla polveriera, l’Ing. Testoni entrò nel casello dove si attende alla bollatura della polvere per i diritti di dogana; gli altri due operai, invece, entrarono nel successivo casello, dove dovevano attendere alla lucidatura della polvere.

Era già trascorsa quasi un’ora, dacché erano arrivati sul lavoro, quando, improvvisamente, l’Ing. Testoni sentì come un traballamento della terra, seguito tosto da uno scoppio tremendo.

L’ingegnere uscì subito fuori e si arrestò dinnanzi al terribile spettacolo che si presentò davanti ai suoi occhi.

Il casello, dove erano entrati gli altri due operai veniva in quel momento letteralmente frantumato e buttato all’aria. Pezzi di casello furono, infatti, trovati fino ad oltre 500 metri di distanza sulla montagna; il terreno dove sorgeva appariva violentemente smosso; la macchina che vi si conteneva gravemente danneggiata; e le piante tutte attorno apparivano come abbruciate.

E i poveri operai che vi si trovavano?

Orribile a dirsi: l’uno di essi giaceva a non troppa distanza annerito, deforme cadavere; l’altro, invece, lo si dovette raccogliere membro a membro, perchè lo scoppio lo aveva spezzato e dilaniato in modo inaudito.

Infatti se ne raccolse un braccio a centro metri sulla montagna; il torace ad oltre 200 metri di distanza, lungo il percorso della valle ed in altri tre o quattro punti distinti furono raccolte le restanti misere membra sanguinanti del disgraziatissimo operaio.

Erano tutti e due ancora in età giovanissima: l’uno aveva soli 18 anni, il secondo poco più di 20 anni.

Al momento dello scoppio non si trovavano sul luogo che le tre persone suindicate.

Subito a seguito dello scoppio si recarono sul luogo il Pretore, il Brigadiere, il Clero, le Autorità civili locali, il Medico di Caprino ma, pur troppo, l’opera loro dovette limitarsi a raccogliere i poveri corpi straziati delle vittime, che furono ritirati in un locale, in cima alla valle, in attesa delle Autorità che si attendevano da Bergamo.

Il danno materiale lamentato dal proprietario, si fa ammontare a circa L. 30.000; pare che il proprietario non sia assicurato.

Finiamo; l’impressione del luttuoso disastro in Caprino, Cisano, S. Antonio e in tutta la vallata è stato grandissimo.

I contadini traggono in frotte a visitare il luogo della catastrofe.

I poveri corpi delle vittime, ancora oggi alle 14, erano custoditi da due RR. Carabinieri. Si attendevano le Autorità da Bergamo colla corsa che arriva a Cisano alle ore 16. >>

Oggi, poi, alle ore 13 partirono alla volta di Cisano l’Egregio Delegato Salvioni, e due ingegneri della R. Intendenza, i quali si recarono sul posto, pare, per rilevare le eventuali responsabilità, che si potessero accertare per il seguito scoppio.

Come i nostri lettori sanno, questo polverificio, di proprietà Biganzoli, scoppiò già per ben tre altre volte: ed è questa ormai la quarta volta che capita una così grave disgrazia.

Il polverificio, fondato nel 1870, — scoppiò la prima volta nel 1891, con un danno di L. 20.000; nel 1893 fu il secondo scoppio col danno di L. 8.000, e il Biganzoli stesso e sua signora, rimasero feriti. Il terzo fu nel 1895.

Ricordiamo poi tutte le opposizioni fatte dalle Autorità di Cisano contro il reimpianto sul territorio di Cisano del detto polverificio; ma non si sa bene per quali potenti influenze, il Biganzoli riuscì a spuntarla, e potè reimpiantarvi sempre il fabbricato.

Anche l’ultima volta, quando questo polverificio scoppiò nel 1895 (il 14 Agosto) si ebbero, come questa volta, a lamentare due vittime: e furono i due poveri operai Angelo Zanelli e Luigi Locatelli di Caprino.

Anche allora, triste profeta della disgrazia d’oggi, il nostro corrispondente, dopo detto del terrore da cui era stata invasa tutta la popolazione, chiudeva la sua relazione precisamente così:

<< Deh! o Signore, abbiate pietà di questo povero paese, e guardateci almeno in avvenire da simili sciagure; ve ne imploriamo col cuore sanguinante. >>

Pur troppo, però, la voce del più elementare buon senso non è stata ascoltata; l’interesse materiale di una Ditta ha fatto passare sopra alle giustissime esigenze di sicurezza di tutta una intera popolazione ed oggi sono altre vittime, che dobbiamo piangere e per le quali dobbiamo pregare la pace eterna del Signore.

Come potete leggere vengono menzionate altre tre esplosioni, con gli anni di riferimento e in particolare quella del 14 agosto 1895. Non abbiamo ancora letto l’edizione dell’Eco di quella data, ma lo faremo appena possibile per ricostruire uno storico accurato degli eventi della polveriera.

La tragica esplosione del 1903 venne commentata, sempre dall’Eco di Bergamo, in un articolo pubblicato il giorno seguente, il 4 giugno.

Echi del disastro di Caprino

Caprino, 4 mattina.

Continua in paese e dintorni la più viva impressione per il nuovo scoppio del polverificio Biganzoli, ed è generale il lamento per ripetesi di così gravi accidenti.

Lo scoppio della polveriera fu udito a grandissima distanza, ed anche qui a Caprino alcuni vetri andarono in frantumi.

I due operai morti si chiamano Giacomo Peretti, d’anni 18, di Milano, nipote come ieri si disse, del signor Biganzoli e Paolo Gilardi, d’anni 26, pure di Milano.

Essi erano assicurati alla Cassa Nazionale di previdenza.

Un vero pellegrinaggio di persone continua a recarsi sul luogo del disastro ed a vedere i miseri resti dei poveri morti, ai quali domattina si celebreranno i funerali, che si prevedono imponenti.

Ieri, al momento dello scoppio, la valle della Sonna apparì tutta avvolta in una densa e fitta nuvola, e stamane ancora si sente per l’aria odor di polvere.

Come già avete annunciato, furono in luogo da Bergamo, il Procuratore del Re, Cav. Vacchelli, il delegato Salvioni, il tenente dei Carabinieri e due Ingegneri di finanza, per le constatazioni di legge.

Circa la causa che provocò lo scoppio, nulla si sa di preciso, e molto probabilmente non si potrà mai sapere.

In generale si crede che sia ancora quella verificatesi anche nel 1895, e cioè il riscaldamento della polvere nel lavoro di raffinamento per la conplicazione dei pestelli, moddi a forza di acqua.

Sembra, poi, che pure l’autorità sia ora convinta, che il polverificio Biganzoli non è in luogo adatto, perché troppo vicino all’abitato.

Caprino, 4 (meriggio). — Oltre al casello saltato in aria, anche gli altri due rimasti in piedi ebbero a subire danni, per quanto non gravi.

Causa, infatti, il grande spostamento di aria prodotto dallo scoppio, le pareti di essi furono in certe parti come smosse, e le imposte sfondate.

Per vera fortuna poi, il deposito della polvere, che trovasi su per la montagna, ad una distanza di sessanta metri dal casello scoppiato, non prese fuoco.

Detto deposito, che contiene, oltre a grande quantità di polvere, due casse di dinamite, è circondato all’intorno da muro in pietra, ed il cancello di ingresso è stato abbattuto dalla violenza dei rottami. Guai per Caprino e per Cisano se avesse preso fuoco.

Sulla causa del disastro, nemmeno i periti sono riusciti a stabilire qualche cosa di preciso. L’ipotesi più attendibile è sempre che una scintilla sia uscita dalla pressa, mentre i due operai stavano caricandola o scaricandola, e che si sia comunicata al mucchio di polvere, già lavorata ed abbinata, che si trovava lì presso.

Ad ogni modo, domani, i periti procederanno ad altre esamine.

Si esclude, che i due poveri operai potessero avere in dosso fiammiferi, poiché l’Ing. Testoni della R. Intendenza testifica, che egli stesso, ieri mattina, prima che i medesimi entrassero nel casello, li vide spogliarsi degli abiti ordinari ed indossare la regolamentare vestaglia.

A proposito poi dell’Ing. Testoni, è generale in questi paesi l’ammirazione pel sangue freddo dimostrato nella luttuosa circostanza.

Quando avvenne lo scoppio, il suo studio parve sprofondarsi ed egli stesso fu sbattuto contro le pareti. Preso però animo, si precipitò subito fuori dallo studio, e, senza badare al pericolo cui esponevasi corse verso il casello saltato in aria, a portare il proprio aiuto.

I cadaveri dei due operai sono ora stati trasportati alla camera del Cimitero.

Le autorità sono ripartite per Bergamo.

Pare che Caprino, S. Antonio e Cisano riprenderanno l’agitazione perché sia levato dalla valle Sonna questo permanente pericolo che è il polverificio Berganzoli.

E speriamo che stavolta la spuntino sulle ignote potentissime influenze.

Oggi è stato accertato il danno materiale di L. 15.000, non di L. 30.000, come si diceva ieri, e come l’Eco riferì.

Conclusioni

Anche in questo articolo abbiamo riportato fatti tragici del passato, quasi totalmente dimenticati. Appena possibile cercheremo di reperire altre notizie, per avere un quadro più completo circa la polveriera e il contesto in cui era inserita.

Come sempre, se qualcuno ricorda qualche informazione, non esiti a contattarci.

A presto!


Fonti:

“Il Piccolo Crociato, Organo della democrazia cristiana nel Friuli” (settimanale cattolico), Udine, 7 giugno 1903;

“L’Eco di Bergamo” (quotidiano), edizioni del 3 e 4 giugno 1903;

Sistema archivistico comunità montana di Valle Trompia, Archivio della Miniera Fratelli Marzoli & C., sezione “Gestione Amministrativa”, serie “Corrispondenza 1939-1948”, busta 1, fasc. 1.2.